Storia di uno strategist che aveva sbagliato tutto (che ero io).

alessia musi
3 min readApr 22, 2019
Photo by NeONBRAND on Unsplash

Questa è la storia di piano strategico disastroso rivelatosi un successo incredibile.

La dimostrazione che, sull’internet, le regole non esistono, esistono solo le eccezioni (cit.).

Non sto per raccontare le avventure di un social media manager dell’INPS, le peripezie di Lush che se ne va da Facebook o la cronaca dell’ennesimo grande marchio che fa una gaffe: voglio narrarvi la storia di una mia amica che gestisce un centro naturopatico in un paese di 9.000 abitanti.

Scarsi.

Abbiamo fatto un patto, la mia amica e io: lei mi aiuta con le cose naturopatiche, io la aiuto con le cose dell’internet.

Ore 21:37, messaggio della mia amica su Whatsapp.

Fine del brief.

Ci penso, ho un’idea.
Lei ovviamente ne ha un’altra.
Discutiamo un po’, discutiamo un altro po’ e cerchiamo di trovare una soluzione che soddisfa entrambe.

Alle 21:49 abbiamo una strategia:
1- il centro naturopatico di provincia pubblica un post su Instagram,
2- chiunque lo ripubblica taggando il centro vince uno sconto del 30%.

Procediamo con la rifinitura: cosa ci scrivo…che foto metto… che emoji ci vuole… vanno bene questi #… Cose così.

18 minuti dopo il progetto è definito, è tutto a posto, tutto strategico, tutto fila.

> Vai!
Vado?
> Pubblica
Pubblicato

Nell’arco delle 24 ore successive partecipano decine di persone.
Decine, sì, decine: il centro naturopatico di provincia sa entusiasmarsi per ogni singolo, anelato e amatissimo utente che interagisce.
La pagina guadagna 14 nuovi follower, è un trionfo!
La mia amica viene contattata da una manciata di nuove persone, passa l’intera giornata a fissare appuntamenti.
E’ estasiata, è andata benissimo.

Già.

Ce ne fosse uno, dico, uno che abbia capito il regolamento.
Ce ne fosse uno che abbia eseguito le istruzioni.
I post sono diventate story, i tag si sono trasformati in faccine e lustrini, chi rimaneva bloccato tra una condivisione e un filtro, chi telefonava atterrito chiedendo istruzioni Cosa devo fare … Non lo so fare… Aiutami… Puoi aspettare fino a stasera che chiedo a mia figlia quando torna a casa?.
Un fiasco.Un fiasco totale.
Nessuna direttiva è stata rispettata, a nessuno era chiaro cosa stava facendo e se lo stava facendo bene. Va bene così? E adesso? Cosa succede adesso?

La dicotomia è la seguente.
Da un lato la mia amica, il cliente soddisfatto, felice di vedere tante persone accorse al sua festa.
Dall’altro io, lo strategist ferito, in un angolo, che guarda con sconforto le aiuole calpestate e le righe sul parquet e che prova a intavolare conversazioni con gli ospiti, che però stanno già chiacchierando allegramente tra di loro.

Dove ho sbagliato?

Ho di nuovo sottovalutato il fatto che internet è una materia che si auto-apprende e che questo apprendimento avviene mediante e durante l’esperienza.
A scuola non c’è l’ora di Instagram, l’interrogazione su Amazon o il compito a sorpresa di Google.
La maggior parte di noi impara a usare internet da autodidatta, a volte senza comprendere il 100% delle azioni che compie, al massimo facendosi insegnare da un amico, dal figlio o da internet stessa.

Il mio lavoro non è (solo) quello di disegnare percorsi ben congegnati che conducono gli utenti al risultato finale e nemmeno (solo) quello di scrivere regolamenti e istruzioni: il lavoro dello strategist è soprattutto quello di progettare esperienze che sostengono l’autoapprendimento, che fanno capire a ognuno cosa sta facendo, perché lo sta facendo e qual è il passo successivo da compiere.

Chiamo la mia amica per scusarmi, per dirle che non mi immaginavo, che non avevo notato, che abbiamo cannato la strategia di brutto e che è tutta colpa mia.
Lei mi risponde trafelata, non ha tempo per parlare con me ora: continuano ad arrivarle messaggi e chiamate. Benedetto Instagram, dice, benedetto.

--

--

alessia musi

Qui scrivo di internet, di Carlo e di cose che non sapevo.