Il curioso caso della lampada di sale

alessia musi
4 min readJun 19, 2020

Ho una lampada di sale rosa, in casa, in un angolo.
Spesso mi dimentico che è lì, per fortuna. Per fortuna, appunto, perché la trovo orribile.

Non è lei ad essere particolarmente brutta, in realtà mi sembra che sia quasi identica a tutte le altre; sono proprio le lampade di sale a non incontrare il mio favore.
Mi è stata regalata lo scorso agosto — ahimé — e la relazione che mi lega al suo mittente mi vincola emotivamente impedendomi di liberarmene (traduzione: la tengo lì che se poi un giorno lo invito a cena e non la vede magari si offende).

Volevo fare la fioraia

Se, come sognavo da bambina, ora facessi la fioraia o la lavandaia probabilmente mi limiterei a guardala di tanto in tanto con un lieve disprezzo pensando ma quanto sono brutte ‘ste lampade di sale?

E invece ecco cosa mi è appena successo: le passo accanto, la noto, le lancio comunque una lieve occhiata di disprezzo ma poi mi interrogo su quale possa essere il trend.

Afferro il cellulare, bramosa di conoscenza, controllo su Google Trends e scopro di essere parte di un triste cluster di minoranza: i picchi di interesse sono tutti nel periodo natalizio (Ovvio, che stupida, potevo arrivarci) e io, per l’appunto, me ne interesso soltanto oggi.

dati Google Trends, ultimi 5 anni

La faccenda sembra concludersi lì.
Faccio 3 passi avanti lasciandomela alle spalle alla volta della cucina.

Volevo fare il minestrone

Giunta in cucina non ricordo più il motivo per cui mi ci sono recata. Lo dimentico perché mi sto invece domandando quante persone possano mai interessarsi online a un oggetto che io reputo tanto brutto.

Mollo il cellulare sul tavolo e apro il PC per scoprire che Google registra in media più di 30.000 ricerche/mese (circa la metà del minestrone) con picchi a Gennaio.
Gennaio?
Eh, certo, sono quelli che hanno ricevuto la maledetta lampada in regalo a Natale e non sanno cosa farsene, ridacchio. Ma cosa cercheranno mai? Come romperla accidentalmente? In quale bidone della raccolta differenziata buttarla?

Ecco qua:

  • “lampade sale benefici” (servirà davvero ‘sto coso rosa o è la solita xxxata?)
  • “lampade sale amazon” (ma quanto avrà speso per una roba così brutta?)
  • “lampade sale bufale” (vedrai che è la solita xxxata…)

Mi sento in colpa per aver perso altri 5 minuti a cercare conferme dietro ai numeri, chiudo il PC e cerco di farmi tornare in mente cosa stavo per fare prima di incappare con lo sguardo sulla lampada.

Ma vuoi vedere che c’è gente a cui piace pure? … Aspetta che guardo su Instagram…

Entro in un nuovo tunnel e non mi accorgo nemmeno che ho iniziato a catalogare gli oggetti che accompagnano le lampade nelle foto e a raffigurarmi le personas (lampada + gatto, lampada + yoga, lampada + tisane, lampada + libri…)

E in quel momento sento un fischio, è la pentola a pressione (50.000 ricerche/mese, mesi freddi, “lagostina”, “elettriche”, “migliore”) e mi ricordo il perché stavo entrando in cucina: dovevo spegnere il minestrone (50.000, ottobre, ingredienti vari, “bimbi”, “surgelato”)… e invece l’ho bruciato.

Ma poi ho voluto fare la strategist

Perché ti sto raccontando questa inutile storia di lampade di sale brutte e minestroni bruciati?

Perché negli ultimi 10 minuti si sono condensati 3 dei più grandi insegnamenti che questo mestiere mi ha impartito:
- non fare supposizioni a partire dal mio vissuto, poiché probabilmente non è significativo;
- ragionare su tutto il ciclo di vita del prodotto: la vendita non è il punto di arrivo;
- non c’è nulla che piace a tutti, così come non c’è nulla che non piace a nessuno. La scelta, così come la necessità, sono figlie del contesto.

Se fossi rimasta fedele a me stessa e ora vendessi fiori o lavassi panni forse non avrei rovinato la cena, chiaro.
Ma infondo me lo merito, è tutta colpa mia: non si fa il minestrone a giugno, non è di moda.

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alessia musi

Qui scrivo di internet, di Carlo e di cose che non sapevo.